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Un saluto a Gianfranco Panina, Direttore emerito e ricercatore

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Si è spento oggi il prof. Gianfranco Panina, una delle figure veterinarie storiche dell’IZSLER, nato professionalmente come veterinario di campo nelle zone della Bassa Bresciana, è passato poi all’Istituto Zooprofilattico, attratto dalle attività di ricerca. Ha diretto la struttura di Produzione e Ricerca del vaccino contro l’Afta epizootica, divenendo uno dei massimi esperti mondiali in materia, ha contribuito alla eradicazione della Peste Suina Classica e della stessa Afta epizootica. Attivo nella produzione scientifica e nello studio ha diretto per molti anni la Scuola per la ricerca Scientifica, un corso di preparazione tecnico-pratico che ha diplomato quasi tutti i dirigenti veterinari degli Istituti di tutta Italia di quegli anni, per approdare alla Direzione nel 1987. Attento ai cambiamenti della sanità pubblica di quegli anni, e sensibile all’importanza e al ruolo strategico degli Istituti zooprofilattici, ha cercato durante gli anni di Direzione di sottolineare l’importanza di una ricerca di qualità, delle collaborazioni internazionali e della produzione scientifica come strumenti per essere in grado di fornire un servizio adeguato alla sanità pubblica veterinaria con l’identità propria dell’IZSLER. Dopo il pensionamento, avvenuto nel 1993, ha collaborato con l’ordine dei veterinari di Brescia partecipando alla preparazione della rivista “Il Chirone”, rinata nel 2010 grazie anche al suo contributo con la pubblicazione costante della rassegna della stampa internazionale.
La direzione e tutti i dipendenti IZSLER, in particolare quanti hanno collaborato con lui, porgono le più sentite condoglianze alla famiglia.
 

Influenza suina, un nuovo virus cinese sotto la lente dei veterinari

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In tempo di pandemia la soglia di attenzione dei media e dell’opinione pubblica verso tutto ciò che è “virale” e di provenienza “asiatica” è molto alta. In questi giorni è stato pubblicato e diffuso uno studio di ricercatori cinesi sulla circolazione di un nuovo virus influenzale nei suini, che per le sue capacità diffusive viene tenuto sotto controllo dai veterinari e dai virologi di tutto il mondo. Attualmente non ci sono evidenze della possibile presenza del virus nelle carni o nei prodotti derivati dei suini, se non come contaminazione superficiale. I laboratori dell’Istituto zooprofilattico seguono l’evoluzione della malattia per scoprire se e quando il virus potrebbe giungere in Italia.

Diversi virus influenzali tipo A, appartenenti generalmente ai sottotipi H1N1, H3N2 e H1N2, circolano nella popolazione suina mondiale, provocando frequentemente forme respiratorie in questa specie, senza per questo trasmettersi all’uomo.
Il virus recentemente isolato (virus G4), come altri virus influenzali suini, possiede la capacità di legarsi ai recettori alpha 2-6 che sono presenti nelle vie respiratorie dell’uomo e del suino. Uno studio condotto in furetti ha rilevato che il virus G4 presenta una capacità di trasmissione tramite aerosol superiore agli altri virus suini e simile al virus pandemico del 2009. Il centro di Riferimento OIE per l’influenza suina della sede territoriale di Parma ed il laboratorio di Virologia della Sede Centrale dell’Istituto Zooprofilattico (IZSLER), procedono sistematicamente all’isolamento dei virus provenienti dal territorio analizzandone anche le caratteristiche e confrontandole con i ceppi isolati nel resto del mondo. Dati del laboratorio OIE di riferimento per l’influenza suina dell’IZSLER, ottenuti dal sequenziamento di 347 ceppi H1N1 isolati dal suino nel periodo 2017-2020 in Italia, escludono che tra questi siano compresi stipiti appartenenti al nuovo H1N1 descritto dai ricercatori cinesi.
Non ci sono per altro evidenze che questo nuovo ceppo virale H1N1 si comporti diversamente dagli altri virus influenzali circolanti nella popolazione suina, dove l’infezione è esclusivamente respiratoria, senza viremia (quindi senza la presenza di particelle virali nel circolo ematico) o diffusione del virus ai muscoli o agli organi commestibili. La contaminazione occasionale di carne o organi attraverso le secrezioni respiratorie di animali infetti al momento della macellazione, con modeste quantità di virus, è comunque possibile. Occorre anche sottolineare che la possibilità di avere animali che eliminano il virus all’età di macellazione, in particolare nella realtà Italiana dove si produce prevalentemente il suino pesante, con età non inferiore a 9 mesi, è evenienza non frequente.
In ogni caso, se ingerito con il cibo, il virus deve superare diversi ostacoli come il PH acido dello stomaco e sali biliari nel duodeno, che sono dannosi per il virus stesso. Non ci sono prove che i tessuti del tratto gastrointestinale umano possano servire da porta di accesso o organo bersaglio per i virus influenzali di questo tipo.
Quando il cibo o i prodotti alimentari vengono riscaldati si verifica una rapida inattivazione del virus e a 70°C il virus viene inattivato in pochi secondi. Le evidenze poc’anzi riportate e descritte nel parere EFSA pubblicato nel 2010 proprio sul tema della sicurezza alimentare in relazione alla circolazione del virus H1N1 pandemico del 2009, sottolineano come la trasmissione dei virus influenzali del suino riconosca prevalentemente la via respiratoria tramite aerosol contenente particelle virali, mentre, anche se non può essere escluso nel caso di consumo di carne cruda, non è dimostrata la trasmissione dei virus dell’influenza suina attraverso il consumo di carne di maiale trasformata e altri prodotti derivati.
Allo stato attuale non ci sono evidenze della circolazione del virus G4 nella popolazione suina e nell’uomo al di fuori della Cina. L’evoluzione dei virus influenzali nelle specie animali viene seguita attentamente dai veterinari e dai virologi di tutto il mondo.

Dal Rotary uno strumento in più contro Covid-19

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Come riportato sugli organi di stampa, l’IZSLER ha ricevuto dal Rotary Club Brescia Sud-Est Montichiari un contributo di 30.500,00 euro, finalizzato all’acquisto di un estrattore semi automatico per acidi nucleici per l’esame dei tamponi nell’ambito dell’emergenza COVID 19.
Si tratta di un gesto concreto ed importante a favore della salute pubblica del nostro Paese, che consente all’Istituto di migliorare ulteriormente le prestazioni della propria attività diagnostica.
 
L’incontro con la Direzione ha permesso inoltre al Rotary Club Brescia Sud-Est Montichiari di conoscere in modo approfondito l’attività istituzionale svolta dall’Istituto sul territorio delle Regioni Lombardia ed Emilia – Romagna ed il supporto tecnico – scientifico fornito a livello nazionale ed internazionale. 
La Direzione dell’Istituto ringrazia tutti i soci dei Club Rotary Club Brescia Sud-Est Montichiari per la generosità attiva e l’interesse dimostrati alla responsabilità sociale della nostra realtà.

Dal Rotary uno strumento in più contro Covid-19

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Come riportato sugli organi di stampa, l’IZSLER ha ricevuto dal Rotary Club Brescia Sud-Est Montichiari un contributo di 30.500,00 euro, finalizzato all’acquisto di un estrattore semi automatico per acidi nucleici per l’esame dei tamponi nell’ambito dell’emergenza COVID 19.
Si tratta di un gesto concreto ed importante a favore della salute pubblica del nostro Paese, che consente all’Istituto di migliorare ulteriormente le prestazioni della propria attività diagnostica.
 
L’incontro con la Direzione ha permesso inoltre al Rotary Club Brescia Sud-Est Montichiari di conoscere in modo approfondito l’attività istituzionale svolta dall’Istituto sul territorio delle Regioni Lombardia ed Emilia – Romagna ed il supporto tecnico – scientifico fornito a livello nazionale ed internazionale. 
La Direzione dell’Istituto ringrazia tutti i soci dei Club Rotary Club Brescia Sud-Est Montichiari per la generosità attiva e l’interesse dimostrati alla responsabilità sociale della nostra realtà.

EMA categorizzazione antibiotici, vademecum

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L’uso di antibiotici per la cura delle malattie dell’uomo e degli animali è da alcuni anni sotto osservazione per l’insorgenza di resistenze batteriche che rendono difficile la cura di molte malattie e sono causa di decessi. L’impegno dei sanitari e dei veterinari in particolare è accompagnato dal supporto scientifico di progetti di ricerca e di organizzazioni internazionali come EMA (European Medicines Agency). È importante infatti per ridurre l’incidenza della resistenza agli antibiotici scegliere l’antibiotico più adatto alla malattia che si sta affrontando. Recentemente EMA ha esortato i veterinari a utilizzare la categorizzazione AMEG (Antimicrobial Advice Ad Hoc Expert Group dell’EMA) prima di prescrivere antibiotici agli animali che hanno in cura e ha messo a disposizione uno strumento con infografica.
La nuova categorizzazione AMEG è disponibile in lingua italiana (e allegata). È la classificazione elaborata in base alla necessità di utilizzare antimicrobici nella medicina veterinaria e in base all’effetto che il possibile sviluppo della resistenza antimicrobica dovuto al loro utilizzo negli animali può avere sulla salute pubblica.
Le categorie sono quattro: Categoria A – Evitare; Categoria B – Limitare; Categoria C – Attenzione; Categoria D – Prudenza.
Per gli antibiotici di tutte le categorie, si dovrebbero evitare: l’uso non necessario, i periodi di trattamento eccessivamente lunghi e i sottodosaggi, mentre il trattamento di gruppo dovrebbe essere limitato a situazioni in cui non è fattibile un trattamento individuale. Più in generale, l’EMA invita a consultare le linee guida della Commissione europea.
Anche la via di somministrazione dovrebbe essere presa in considerazione assieme alla categorizzazione. L’AMEG ha fornito un elenco delle vie di somministrazione e dei tipi di formulazione, classificati dal minore fino al maggiore impatto stimato sull’antibiotico-resistenza.
L’EMA avverte che la categorizzazione non sostituisce le linee guida terapeutiche, che devono tenere conto anche di altri fattori, quali le informazioni di supporto presenti nel riassunto delle caratteristiche del prodotto per i medicinali disponibili, le limitazioni inerenti all’uso nelle specie destinate alla produzione alimentare, le variazioni regionali delle malattie e dell’antibiotico-resistenza e le politiche nazionali in materia di prescrizione.

EMA categorizzazione antibiotici, vademecum

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L’uso di antibiotici per la cura delle malattie dell’uomo e degli animali è da alcuni anni sotto osservazione per l’insorgenza di resistenze batteriche che rendono difficile la cura di molte malattie e sono causa di decessi. L’impegno dei sanitari e dei veterinari in particolare è accompagnato dal supporto scientifico di progetti di ricerca e di organizzazioni internazionali come EMA (European Medicines Agency). È importante infatti per ridurre l’incidenza della resistenza agli antibiotici scegliere l’antibiotico più adatto alla malattia che si sta affrontando. Recentemente EMA ha esortato i veterinari a utilizzare la categorizzazione AMEG (Antimicrobial Advice Ad Hoc Expert Group dell’EMA) prima di prescrivere antibiotici agli animali che hanno in cura e ha messo a disposizione uno strumento con infografica.
La nuova categorizzazione AMEG è disponibile in lingua italiana (e allegata). È la classificazione elaborata in base alla necessità di utilizzare antimicrobici nella medicina veterinaria e in base all’effetto che il possibile sviluppo della resistenza antimicrobica dovuto al loro utilizzo negli animali può avere sulla salute pubblica.
Le categorie sono quattro: Categoria A – Evitare; Categoria B – Limitare; Categoria C – Attenzione; Categoria D – Prudenza.
Per gli antibiotici di tutte le categorie, si dovrebbero evitare: l’uso non necessario, i periodi di trattamento eccessivamente lunghi e i sottodosaggi, mentre il trattamento di gruppo dovrebbe essere limitato a situazioni in cui non è fattibile un trattamento individuale. Più in generale, l’EMA invita a consultare le linee guida della Commissione europea.
Anche la via di somministrazione dovrebbe essere presa in considerazione assieme alla categorizzazione. L’AMEG ha fornito un elenco delle vie di somministrazione e dei tipi di formulazione, classificati dal minore fino al maggiore impatto stimato sull’antibiotico-resistenza.
L’EMA avverte che la categorizzazione non sostituisce le linee guida terapeutiche, che devono tenere conto anche di altri fattori, quali le informazioni di supporto presenti nel riassunto delle caratteristiche del prodotto per i medicinali disponibili, le limitazioni inerenti all’uso nelle specie destinate alla produzione alimentare, le variazioni regionali delle malattie e dell’antibiotico-resistenza e le politiche nazionali in materia di prescrizione.

Insetti infestanti gli alimenti: Il ruolo del laboratorio entomologico

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Abbiamo parlato di recente di insetti nel piatto come novel food, tra perplessità di alcuni consumatori e proposte di alimenti da parte dei produttori. Gli alimenti di origine animale e vegetale sono però spesso sotto attacco di numerose specie di artropodi infestanti (insetti, acari), che possono causare gravi danni economici e rappresentare un problema serio dal punto di vista igienico-sanitario alterando le proprietà organolettiche e rendere così l’alimento inadatto al consumo.

I giornali di questi giorni hanno sottolineato con grande enfasi il rinvenimento di insetti in derrate alimentari in un negozio, un fenomeno non certo esteso, ma possibile, per cattiva preparazione o cattiva conservazione degli alimenti. La presenza di artropodi negli alimenti compromette non solo la commerciabilità del prodotto, venendo a mancare i requisiti in materia di igiene e di qualità, ma può anche causare gravi danni alla salute umana. L’ingestione di questo tipo di parassiti può provocare infatti allergie di vario genere, causare disturbi digestivi ed essere causa di lesioni di diversa entità alla mucosa intestinale, nonché trasmettere patogeni di diversa natura sia direttamente (come carrier di patogeni a trasmissione alimentare), che indirettamente (tramite il materiale di scarto degli infestanti presenti negli alimenti). Nel corso degli ultimi 10 anni il laboratorio entomologico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna presso la sede territoriale di Reggio-Emilia è impegnato in una intensa e sistematica attività di ricerca volta allo:

  • Sviluppo di adeguati modelli matematici per la previsione dei tempi di crescita di specie maggiormente coinvolti nell’infestazione di alimenti (es. Ditteri, Coleotteri, Lepidotteri) da applicare nella stima del tempo d’infestazione.
  • Sviluppo e validazione di metodi per le ispezioni di matrici alimentari per la ricerca di artropodi vivi e/o morti;
  • Sviluppo e validazione di protocolli specifici per l’identificazione di frammenti di artropodi presenti in un determinato alimento, utilizzando tecniche biomolecolari

L’attività ha portato negli ultimi 6 anni all’accreditamento del metodo della ricerca di impurità solide (filth test) per 3 diverse matrici: farine e suoi derivati (DM 12/01/1999 GU n° 64 18/03/1999), pomodoro (metodo AOAC 955.46B 1988) e miele (metodo AOAC 945.79 1988).
Il laboratorio supporta la richiesta di utenze pubbliche e private con analisi di laboratorio volte all’individuazione e datazione dell’infestazione degli alimenti. Dal 2010 al 2019 sono stati eseguiti oltre 900 esami (ricerca corpi estranei e parassiti, identificazione artropodi infestanti, datazione dell’infestazione). Di questi l’88.8% sono campioni Ufficiali – AUSL – SIAN – NAS ¿ (Piani Regionali) e l’11.2% sono campioni conferiti da aziende e privati.

Insetti infestanti gli alimenti: Il ruolo del laboratorio entomologico

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Abbiamo parlato di recente di insetti nel piatto come novel food, tra perplessità di alcuni consumatori e proposte di alimenti da parte dei produttori. Gli alimenti di origine animale e vegetale sono però spesso sotto attacco di numerose specie di artropodi infestanti (insetti, acari), che possono causare gravi danni economici e rappresentare un problema serio dal punto di vista igienico-sanitario alterando le proprietà organolettiche e rendere così l’alimento inadatto al consumo.

I giornali di questi giorni hanno sottolineato con grande enfasi il rinvenimento di insetti in derrate alimentari in un negozio, un fenomeno non certo esteso, ma possibile, per cattiva preparazione o cattiva conservazione degli alimenti. La presenza di artropodi negli alimenti compromette non solo la commerciabilità del prodotto, venendo a mancare i requisiti in materia di igiene e di qualità, ma può anche causare gravi danni alla salute umana. L’ingestione di questo tipo di parassiti può provocare infatti allergie di vario genere, causare disturbi digestivi ed essere causa di lesioni di diversa entità alla mucosa intestinale, nonché trasmettere patogeni di diversa natura sia direttamente (come carrier di patogeni a trasmissione alimentare), che indirettamente (tramite il materiale di scarto degli infestanti presenti negli alimenti). Nel corso degli ultimi 10 anni il laboratorio entomologico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna presso la sede territoriale di Reggio-Emilia è impegnato in una intensa e sistematica attività di ricerca volta allo:

  • Sviluppo di adeguati modelli matematici per la previsione dei tempi di crescita di specie maggiormente coinvolti nell’infestazione di alimenti (es. Ditteri, Coleotteri, Lepidotteri) da applicare nella stima del tempo d’infestazione.
  • Sviluppo e validazione di metodi per le ispezioni di matrici alimentari per la ricerca di artropodi vivi e/o morti;
  • Sviluppo e validazione di protocolli specifici per l’identificazione di frammenti di artropodi presenti in un determinato alimento, utilizzando tecniche biomolecolari

L’attività ha portato negli ultimi 6 anni all’accreditamento del metodo della ricerca di impurità solide (filth test) per 3 diverse matrici: farine e suoi derivati (DM 12/01/1999 GU n° 64 18/03/1999), pomodoro (metodo AOAC 955.46B 1988) e miele (metodo AOAC 945.79 1988).
Il laboratorio supporta la richiesta di utenze pubbliche e private con analisi di laboratorio volte all’individuazione e datazione dell’infestazione degli alimenti. Dal 2010 al 2019 sono stati eseguiti oltre 900 esami (ricerca corpi estranei e parassiti, identificazione artropodi infestanti, datazione dell’infestazione). Di questi l’88.8% sono campioni Ufficiali – AUSL – SIAN – NAS ¿ (Piani Regionali) e l’11.2% sono campioni conferiti da aziende e privati.

Formazione a distanza, aggiornamento sull’Antimicrobico-resistenza

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Riparte il corso FAD dal titolo: “L’antimicrobico-resistenza: un approccio One Health”. Il corso aperto, due anni fa a seguito di un progetto del Ministero della Salute per sensibilizzare i veterinari sull’importanza della antimicrobico-resistenza come problema globale, si prefigge di fornire le informazioni specialistiche per l’aggiornamento professionale.
 
I problemi correlati all’insorgenza di antibiotico-resistenza nelle filiere animali e le ricadute in termini di salute pubblica sono ormai noti, e i primi risultati nella riduzione dell’uso di antibiotici sono stati raggiunti, è però importante continuare a promuovere l’utilizzo razionale dell’antibiotico nelle filiere animali e negli animali da compagnia.
Alla struttura del corso varato lo scorso anno sono state aggiunte alcune recenti pubblicazioni cercando di evidenziare l’importanza dell’approccio One Health e delle possibili alternative agli antibiotici, che potrebbero essere oggetto di approfondimento e ricerca per il futuro.
Verrà inoltre resa disponibile, come materiale del corso, la bibliografia completa, raccolta per il progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute, divisa per argomenti in modo da essere più facilmente fruibile a seconda degli interessi dei singoli professionisti. Il corso è accreditato ECM.

SARS-CoV2 pubblicate le linee guida OIE per i test su animali

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COVID-19, causata dall’infezione con SARS-CoV2, è una malattia umana che molto probabilmente è originata da una fonte animale e, attraverso la trasmissione diffusa da uomo a uomo, è diventata una pandemia. COVID-19 è un promemoria dell’importanza fondamentale dell’approccio One Health nella gestione delle malattie infettive. Molti si sono chiesti se ed eventualmente quanto siano coinvolti gli animali nella pandemia in corso. Isolamenti sporadici del virus da animali domestici o da animali da zoo hanno posto legittimi interrogativi sul ruolo nella diffusione della malattia, ma tutte le prove e le evidenze sperimentali ad oggi disponibili portano ad escludere la possibilità che animali da compagnia possano favorire la diffusione virale, ma anzi che possano in alcuni rari casi venire infettati dall’uomo a seguito di contatti stretti e/o ripetuti.
Per continuare la sorveglianza sulla popolazione animale domestica e selvatica i virologi veterinari dell’Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) hanno prodotto delle linee guida per lo svolgimento dei test per la diagnosi del virus SARS-CoV2 e per il trattamento dei risultati ottenuti.
 
In questa fase sono state messe a punto le modalità di campionamento e analizzate le condizioni per le quali attivare piani di monitoraggio e di controllo. E’ un tipo di approccio per la sorveglianza in ottica “One Health”, laddove la salute animale ed umana sono da considerarsi “una sola salute”. Conoscere lo stato di infezione degli animali domestici, di interesse zootecnico e selvatici è funzionale al mantenimento dello stato di salute che l’uomo cerca di mantenere, in equilibrio con le specie che abitano il pianeta, sapendo che tutte le specie sono interconnesse in modi sempre più stretti e non sempre facilmente rilevabili.
La scelta del campionamento degli animali ai fini della diagnosi di coronavirus sarà una scelta possibile che gli stati potranno fare in relazione alla valutazione del rischio di sanità pubblica presente nei diversi territori e alla disponibilità di risorse. Non è consigliato il campionamento in tutte le situazioni, ma solo quando vi è necessità di informazioni provenienti dagli animali per completare il quadro epidemiologico, che chiarisca gli elementi necessari a prendere decisioni di sanità pubblica.
Dovrebbero essere prese in considerazione le implicazioni per la salute pubblica associate alla manipolazione e al campionamento di potenziali animali positivi poiché mettono le persone a rischio e richiedono DPI adeguati. Ciò potrebbe includere i rischi derivanti dal trasferimento di animali (da parte dei proprietari) dalla propria abitazione o dal ricovero temporaneo a scopo di ricerca o per i veterinari esposti a persone infette da COVID-19 durante il campionamento in clinica, ambiente familiare o altro ambiente. Le linee guide affrontano anche come valutare i risultati ottenuti e trasmetterli all’OIE. Il testo completo delle linee guida è reperibile sul sito dell’OIE (https://www.oie.int/).